Uhm... già...
ho dimenticato qualcosa.
No, be', non è che l'ho dimenticato: è che mi hai veramente stufata. Non ne posso più del tuo farmi sentire un'intrusa, una seccatrice, un'importuna, un mostro da cui guardarsi.
E non ne posso più delle tue balle, e soprattutto non ne posso più di far finta di crederci.
Ciò premesso, ricordo benissimo; se fosse per me sarei la stessa di sempre, la stessa che sono sempre stata. Una persona che tiene fede ai suoi affetti, a differenza del 90% delle persone che mi circondano (te compreso ovviamente).
E te lo avrei detto, di cuore.
Ora invece non posso, e perciò lo scrivo qui, volutamente in ritardo:
buon compleanno.
martedì 29 settembre 2009
domenica 27 settembre 2009
La quintessenza della stupidità
E va bene, continuiamo così.
Continuiamo a far finta di credere che il tuo pc sia rotto, che tu non riesca a farlo riparare etc.
Incredibile che non si riesca ad ottenere nulla di buono, umano e di normale da te.
Quello che più mi demoralizza, in questa faccenda, più ancora che tutto il resto, è il livello di stupidità che dimostra.
La quintessenza della stupidità.
Continuiamo a far finta di credere che il tuo pc sia rotto, che tu non riesca a farlo riparare etc.
Incredibile che non si riesca ad ottenere nulla di buono, umano e di normale da te.
Quello che più mi demoralizza, in questa faccenda, più ancora che tutto il resto, è il livello di stupidità che dimostra.
La quintessenza della stupidità.
giovedì 24 settembre 2009
Con quegli occhi
Si aggira alle mie spalle da un po'; è uno nuovo, molto giovane, io sono di pessimo umore e non lo noto nemmeno.
Mi si accosta:
- Se clicchi col tasto sinistro è più veloce -
Bofonchio un grazie, vedi un po' se uno sconosciuto deve venire a darmi dei consigli sull'uso del mio pc.
Insiste, dice altre cose sul tasto destro e sinistro; non lo ascolto.
E' solo alla fine, quando sto per andarmene, che lo vedo.
Incontro il suo sguardo.
E' leggermente strabico, stupendi quegli occhi, affascinanti.
I suoi lineamenti... dev'essere uno scherzo del destino. Gli somiglia.
Lo evito da subito.
E' strano: sembra attratto da me. Cerca a più riprese di incrociarmi, di fare conversazione. Niente da fare, sembro autistica.
Si siede vicino a me; mi alzo e me ne vado.
Ci rimane malissimo.
Ora è arrabbiato. Quando mi vede non mi saluta, si siede vicino a tre-quattro donne e chiacchiera con loro in modo ostentatamente amichevole, senza smettere un attimo di parlare. Loro non si tirano indietro, la cosa le lusinga, è comprensibile.
E' bello, il ragazzo sconosciuto.
Ad un tratto si volta dalla mia parte per parlare con qualcuno e scocca un sorriso abbagliante.
Io lo so che è per me: è una specie di piccola vendetta.
Fa bene ad essere arrabbiato, lo maltratto senza motivo.
Mentre esco lo trovo nell'atrio; per un attimo quegli occhi deliziosamente strabici mi sfiorano.
Esco senza salutarlo, evito di pensarci.
Però in cuor mio sento che mi è caro, anche se non lo saprà mai.
Gli devo moltissimo.
Da due anni lotto per sopravvivere; da due anni le persone che amavo mi vogliono morta. Ed io mi sento proprio così, morta. Cammino, respiro, faccio delle cose trascinandomi appresso il mio cadavere. E non devo rompere le scatole, che cazzo ho da lamentarmi.
Il massimo che ho incontrato è la tiepida solidarietà, la pietà, la sopportazione di qualcuno.
Lui non sa niente di me, non vede le macerie: vede una persona che gli piace, o meglio gli piaceva, prima di reagire come una psicotica.
E' giusto così, deve stare lontano.
Ma per prima volta, da due anni a questa parte, qualcuno mi ha fatta sentire viva.
Vorrei fargli una carezza sul viso.
Vorrei...
Mi si accosta:
- Se clicchi col tasto sinistro è più veloce -
Bofonchio un grazie, vedi un po' se uno sconosciuto deve venire a darmi dei consigli sull'uso del mio pc.
Insiste, dice altre cose sul tasto destro e sinistro; non lo ascolto.
E' solo alla fine, quando sto per andarmene, che lo vedo.
Incontro il suo sguardo.
E' leggermente strabico, stupendi quegli occhi, affascinanti.
I suoi lineamenti... dev'essere uno scherzo del destino. Gli somiglia.
Lo evito da subito.
E' strano: sembra attratto da me. Cerca a più riprese di incrociarmi, di fare conversazione. Niente da fare, sembro autistica.
Si siede vicino a me; mi alzo e me ne vado.
Ci rimane malissimo.
Ora è arrabbiato. Quando mi vede non mi saluta, si siede vicino a tre-quattro donne e chiacchiera con loro in modo ostentatamente amichevole, senza smettere un attimo di parlare. Loro non si tirano indietro, la cosa le lusinga, è comprensibile.
E' bello, il ragazzo sconosciuto.
Ad un tratto si volta dalla mia parte per parlare con qualcuno e scocca un sorriso abbagliante.
Io lo so che è per me: è una specie di piccola vendetta.
Fa bene ad essere arrabbiato, lo maltratto senza motivo.
Mentre esco lo trovo nell'atrio; per un attimo quegli occhi deliziosamente strabici mi sfiorano.
Esco senza salutarlo, evito di pensarci.
Però in cuor mio sento che mi è caro, anche se non lo saprà mai.
Gli devo moltissimo.
Da due anni lotto per sopravvivere; da due anni le persone che amavo mi vogliono morta. Ed io mi sento proprio così, morta. Cammino, respiro, faccio delle cose trascinandomi appresso il mio cadavere. E non devo rompere le scatole, che cazzo ho da lamentarmi.
Il massimo che ho incontrato è la tiepida solidarietà, la pietà, la sopportazione di qualcuno.
Lui non sa niente di me, non vede le macerie: vede una persona che gli piace, o meglio gli piaceva, prima di reagire come una psicotica.
E' giusto così, deve stare lontano.
Ma per prima volta, da due anni a questa parte, qualcuno mi ha fatta sentire viva.
Vorrei fargli una carezza sul viso.
Vorrei...
lunedì 7 settembre 2009
Fuori
Fuori di testa.
O di me stessa.
Comunque fuori.
Io ormai sono completamente fuori da questo stupido gioco.
Soffro fisicamente a far finta di giocarlo.
Tu puoi capirmi?
Almeno tu?
Mi dà un minimo di sollievo sedermi qui e pensare di parlare con te. Anche se poi, tac!, la luce si accende e io non ti parlo.
Ma penso che potrei farlo, ed è abbastanza.
Mi hai scritto una lettera durissima, sincera, uscita proprio dal cuore.
E' importante.
Sì, non sai quanto.
E' importante che tu abbia trovato un po' di tempo per gridarmi in faccia il tuo risentimento.
Non sei di plastica, allora. E io ci sono. Ci sono abbastanza da farti sentire ferito e risentito.
In mezzo ai fantasmi, fantasma io stessa, hai idea di quanto
quanto
quanto
questo sia essenziale?
O di me stessa.
Comunque fuori.
Io ormai sono completamente fuori da questo stupido gioco.
Soffro fisicamente a far finta di giocarlo.
Tu puoi capirmi?
Almeno tu?
Mi dà un minimo di sollievo sedermi qui e pensare di parlare con te. Anche se poi, tac!, la luce si accende e io non ti parlo.
Ma penso che potrei farlo, ed è abbastanza.
Mi hai scritto una lettera durissima, sincera, uscita proprio dal cuore.
E' importante.
Sì, non sai quanto.
E' importante che tu abbia trovato un po' di tempo per gridarmi in faccia il tuo risentimento.
Non sei di plastica, allora. E io ci sono. Ci sono abbastanza da farti sentire ferito e risentito.
In mezzo ai fantasmi, fantasma io stessa, hai idea di quanto
quanto
quanto
questo sia essenziale?
giovedì 3 settembre 2009
Non sopporto più i giovani
E' mai possibile che mi sia venuta una specie di allergia ai giovani?
Poi così all'improvviso, così inaspettata.
Io sono sempre stata a mio agio solo con i giovani (gli adolescenti, per la precisione), e se così non fosse mi sarei sparata, dato il lavoro che faccio.
E poi che ne so, c'era feeling immediato, al di là dell'età anagrafica...
Mi intendevo con loro sul piano di quella che credevo fosse una comune sensibilità per le cose della vita.
Ora, i casi sono due: o (com'è altamente probabile) sono sempre vissuta in un inganno terribile, per cui li vedevo come non erano e come non sono mai stati; oppure sono cambiati loro.
Sì, certo, sono cambiata anch'io, nel senso che sono invecchiata. Ma non di colpo, suppongo.
E poi no, io non sono cambiata così tanto: il mio modo di vedere la vita è lo stesso di un tempo, tutto sommato mi sono mantenuta fedele a me stessa. L'idiozia imperante in questo nuovo millennio non mi ha coinvolta nelle cose basilari, resto ancorata a pochi punti fermi.
Il mio principale punto fermo è questo: bisogna distinguere il vero dal falso.
E quando una cosa è falsa, anche se ci farebbe piacere credere il contrario, bisogna rigettarla da sé con la massima decisione possibile.
Ora invece, come dicevo, non so se i giovani siano sempre stati così (non credo), o se lo siano diventati, ma tutto il loro stile di vita è all'insegna del falso.
Sono falsi e artefatti i loro approcci, incontri, rapporti; è falso tutto quello in cui credono, sono falsi e recitati tutti i loro contatti umani.
La prova di tutto questo è Facebook.
Lì tutti fanno finta di essere amici. Più contatti si aggiungono, più uno si sente figo, e magari sono così rintronati da crederci davvero, di avere tanti amici.
La commedia funziona finché uno non entra in crisi davvero, finché uno non ha un problema autentico: allora il castello di carte di Facebook (o Twitter, o che cazzo) crolla su se stesso rivelando la sua natura illusoria, il suo essere la celebrazione e l'apoteosi del Nulla.
Allora uno avrebbe bisogno di avere DAVVERO qualcuno vicino, e non della gente che pratica il culto della chiacchiera e dell'immagine, della vanvera, del Vuoto.
In quei casi, generalmente, si ricordano di me: allora io "servo".
Ma sai che c'è? Che io sono una persona, non un attrezzo.
E quando sono così angosciata, così triste come adesso, vorrei poter parlare con qualcuno che non sia il mio pc; vorrei che qualcuno mi ascoltasse come io ho ascoltato chi ne aveva bisogno.
Ma adesso non ascolterò più. Ne ho le palle stracolme di "servire".
Ad altri, più stupidi e superficiali, che non hanno mai vissuto una crisi seria, lo si può perdonare.
A te no, L.
Chi ha provato le cose vere e preferisce quelle false si merita esattamente quello che ha: un universo di carta.
Per poco che potesse contare la mia amicizia, della quale hai fatto volentieri uso in passato (come io della tua), sappi che l'hai persa.
Non so se valgo poco o molto, ma so - esattamente - che non sono intercambiabile con nessuno, come tu non lo eri per me.
Ti auguro uno splendido soggiorno fra i numeri.
Poi così all'improvviso, così inaspettata.
Io sono sempre stata a mio agio solo con i giovani (gli adolescenti, per la precisione), e se così non fosse mi sarei sparata, dato il lavoro che faccio.
E poi che ne so, c'era feeling immediato, al di là dell'età anagrafica...
Mi intendevo con loro sul piano di quella che credevo fosse una comune sensibilità per le cose della vita.
Ora, i casi sono due: o (com'è altamente probabile) sono sempre vissuta in un inganno terribile, per cui li vedevo come non erano e come non sono mai stati; oppure sono cambiati loro.
Sì, certo, sono cambiata anch'io, nel senso che sono invecchiata. Ma non di colpo, suppongo.
E poi no, io non sono cambiata così tanto: il mio modo di vedere la vita è lo stesso di un tempo, tutto sommato mi sono mantenuta fedele a me stessa. L'idiozia imperante in questo nuovo millennio non mi ha coinvolta nelle cose basilari, resto ancorata a pochi punti fermi.
Il mio principale punto fermo è questo: bisogna distinguere il vero dal falso.
E quando una cosa è falsa, anche se ci farebbe piacere credere il contrario, bisogna rigettarla da sé con la massima decisione possibile.
Ora invece, come dicevo, non so se i giovani siano sempre stati così (non credo), o se lo siano diventati, ma tutto il loro stile di vita è all'insegna del falso.
Sono falsi e artefatti i loro approcci, incontri, rapporti; è falso tutto quello in cui credono, sono falsi e recitati tutti i loro contatti umani.
La prova di tutto questo è Facebook.
Lì tutti fanno finta di essere amici. Più contatti si aggiungono, più uno si sente figo, e magari sono così rintronati da crederci davvero, di avere tanti amici.
La commedia funziona finché uno non entra in crisi davvero, finché uno non ha un problema autentico: allora il castello di carte di Facebook (o Twitter, o che cazzo) crolla su se stesso rivelando la sua natura illusoria, il suo essere la celebrazione e l'apoteosi del Nulla.
Allora uno avrebbe bisogno di avere DAVVERO qualcuno vicino, e non della gente che pratica il culto della chiacchiera e dell'immagine, della vanvera, del Vuoto.
In quei casi, generalmente, si ricordano di me: allora io "servo".
Ma sai che c'è? Che io sono una persona, non un attrezzo.
E quando sono così angosciata, così triste come adesso, vorrei poter parlare con qualcuno che non sia il mio pc; vorrei che qualcuno mi ascoltasse come io ho ascoltato chi ne aveva bisogno.
Ma adesso non ascolterò più. Ne ho le palle stracolme di "servire".
Ad altri, più stupidi e superficiali, che non hanno mai vissuto una crisi seria, lo si può perdonare.
A te no, L.
Chi ha provato le cose vere e preferisce quelle false si merita esattamente quello che ha: un universo di carta.
Per poco che potesse contare la mia amicizia, della quale hai fatto volentieri uso in passato (come io della tua), sappi che l'hai persa.
Non so se valgo poco o molto, ma so - esattamente - che non sono intercambiabile con nessuno, come tu non lo eri per me.
Ti auguro uno splendido soggiorno fra i numeri.
Iscriviti a:
Post (Atom)