mercoledì 5 agosto 2009

Dalla solita porta

Entri dalla solita porta, quella del sogno. La sbatti, sei furibondo.
- Perché? -
Mi volto a guardarti.
- Perché cosa? -
- Perché continui a parlare di me? A scriverne? Chi, chi ti ha dato il permesso?? Ti proibisco di farlo ancora -
Vibri di collera.
Lascio passare qualche istante e poi, con calma, ti rispondo.
- Esci -
- Cosa? -
- Esci, vattene di qui. Qui sei nella MIA memoria, non hai alcun diritto di darmi ordini -
- Ma io non voglio, capito? Non voglio!! -
- Non vuoi ricordare quello che sei stato, hai fatto, detto, promesso; non vuoi ricordare che mi hai voltato le spalle e non vuoi sapere che adesso mi stai rinnegando. Non vuoi sapere che mi stai facendo pagare una colpa non mia, una colpa che non ho. Lo so -
- E dunque?? -
- Dunque, padronissimo di farlo. Ma io sono padronissima di volerti ricordare. Puoi perdere la tua anima, non la mia. Perciò vattene: io ti ricorderò, io scriverò di te, e tu non potrai fare assolutamente nulla per impedirmelo. Il passato è MIO -
- Sei una stronza rompicoglioni, io... -
- Esci da quella cazzo di porta, Gabriele, e chiudila dietro le tue spalle. Senza sbatterla, grazie -